Archivi tag: trackbike

Memorie di una bellissima vacanza e di quegli incontri che possono cambiarti un po’ la vita – Carlo Carlà, maestro telaista in Monteroni di Lecce.

IMG_0310Erano diversi anni che non avevo due settimane di ferie di fila ad agosto, e cosa di meglio che non tornare nel Salento, dove mio suocero ha ancora tutti i suoi fratelli e dove clima, mare, cibo e città sono tutte un meraviglioso insieme di ingredienti che rendono la canonica vacanza estiva indimenticabile.

La volta precedente che ero stato laggiù era il 2004, un’era geologica fa. Non ero ancora così immerso nel ciclismo e pesavo anche qualche chiletto in più. Poi sono arrivate le bici, lo scatto fisso, i forum e la conoscenza diffusa e a portata di mano (ed è innegabilmente un bene). A saper cercare, la conoscenza di pochi diventa conoscenza di tutti, ed anche i piccoli artigiani, i maestri della scuola italiana vengono allo scoperto, e qualche giovane, nemmeno pochi per fortuna, trovano forza e coraggio per raccogliere l’eredità e portare avanti quello che è un mestiere bellissimo: il telaista.

IMG_0385

Fortuna vuole che uno degli esponenti della scuola italiana delle biciclette sia ancora in attività in quel di Monteroni di Lecce, piccola località nel Salento.

IMG_0424I vecchi amanti del ciclismo su pista si ricorderanno ancora, forse, del velodromo degli ulivi che proprio lì a Monteroni fu teatro dei mondiali su pista (guarda caso) nel 1976 e che videro la vittoria iridata di Francesco Moser nella disciplina dell’inseguimento individuale; all’epoca quel velodromo credo fosse l’unico al mondo rivestito il legno d’ulivo e diversamente non poteva essere, state la bellezza ed i frutti di quella terra del sud Italia (oggi si sta tentando timidamente di ripristinarlo, tra mille difficoltà). Tutto questo mi riempie già la testa di mille idee e progetti per questa estate. Passo primo: contattarlo. Ebbene, mi misi con poca speranza al telefono in un pomeriggio di inizio luglio, ma con mia piacevole sorpresa, Carlo Carlà non solo mi rispose, ma tra noi ci fu una bella chiacchierata durata quasi venti minuti, nei quali parlammo di un po’ di tutto, telai, velodromi, corridori… Alla fine gli promisi che da lì ad un mese sarei passato nella sua officina, anche se sarebbe stata la settimana di ferragosto, lui rispose laconico: “ragazzo, vedi, sono entrato in officina che avevo dodici anni e qui starò finchè avrò forze, per cui il giorno che tu passerai, qui mi troverai”.

E quel giorno arrivò fin troppo in fretta, giusto il tempo per collezionare quei pochi componenti che ancora mi mancavano per avere tutto il set pronto per montare una bici da pista. Così dopo (solo) 1250km di viaggio, ebbe inizio una di quelle vacanze indimenticabili, riscaldate dal calore del sole e dall’affetto della famiglia e delle persone che meritano di esser conosciute.

IMG_0422

IMG_0322Il primo approccio fu un po’ difficile ma avevo un asso nella manica: mio suocero. Egli infatti è nato poco distante e, nonostante le apparenze un po’ burbere, è persona molto propensa allo scherzo e alla battuta, così mi fece compagnia armato anche del dialetto salentino (diversissimo dal barese/foggiano che tutti conoscono come dialetto pugliese). Immediatamente si concretizzava un feeling sincero con quell’uomo piccolo, acuto, dalle mani che non nascondono quanto duro sia il lavoro di officina ma con l’abbigliamento sempre classico e curato che solo quelli della sua generazione sanno ancora vestire con così tanta dignità.

IMG_0392IMG_0313

Ero intenzionato anche solo ad acquistare un telaio da pista già pronto, ma l’unico disponibile era obiettivamente troppo grande per me e allora mi disse: “non ti preoccupare, tu vieni domani e in qualche ora lo impostiamo”. Ora, conoscendo tempi e la scrupolosità degli artigiani telaisti, non nascondo che qualche perplessità l’avevo. Imbastire un telaio in poche ore non è cosa facile, ancor meno, credevo, ad 89 anni e con settant’anni di carriera sulle spalle. Mi presentai da lui come convenuto e subito andammo al suo garage, quello bello, dove regna l’ordine e dove, in bella mostra, ci sono tutte le bici finite, sia da lui realizzate che restaurate, e c’è l’armadio del materiale. Mi passò un borsone e con un perentorio: “reggi ‘u saccu” iniziò a metter dentro tubi, forcellini, congiunzioni e tutto quanto serviva per confezionare un telaio, anzi quello che sarebbe stato “il mio telaio”.

incudina

ADD85AEF-5DE8-4F76-A365-23ED8212AA18Giunti in officina, dopo un ottimo caffè “in ghiaccio” come usa in Salento, Carlà iniziò subito a lavorare. Si muoveva tra le macchine utensili e il banco da lavoro con gesti sempre precisi e mirati. Mentre le sue mani lavoravano, mente e parole non smettevano di fluire in un continuo di domande e racconti. Le informazioni in merito alle misure e geometrie però necessitavano di attenzione e in quei frangenti venivo come attraversato dai suoi occhi piccoli e luminosi, come se i numeri che io dichiarassi a lui non fossero solo necessari a tagliare e sagomare tubi, a definire geometrie, ma come se questi dati fossero il codice per entrare ancora di più in connessione con il suo mondo e fargli capire se quel ragazzotto cresciuto che gli stava davanti era un semplice collezionista o un appassionato vero, di quelli che amano in pari misura sia il bell’oggetto che è la bicicletta in se, sia le emozioni che si ricavano attraverso di essa.

IMG_0383

IMG_0397In quei momenti ebbi, se ancora ce ne fosse stato bisogno, l’ulteriore certezza di aver di fronte a me un vero telaista, cosa ben differente da un buon saldatore, che conosce a fondo il mestiere di “costruire biciclette”. Un telaista interpreta quelle che sono le esigenze del cliente dando a lui il risultato sia delle misure antropometriche sia delle sue attitudini, del suo stile di pedalata e di corsa, realizzandogli un telaio che, come un abito sartoriale, non solo calza a pennello, ma trasmette sensazioni ed emozioni che vanno al di là del semplice oggetto pregiato. Mentre quei pensieri rimbalzavano tra le decine di oggetti dell’officina il tempo passava veloce ed in meno di cinque ore il triangolo principale del telaio era puntato in dima: definito, bellissimo, unico per sua stessa natura.

IMG_0400

Dopo un suo mezzo sorriso di soddisfazione mi disse: “ora dammi un paio di giorni, lo completo, lo rifinisco, e poi ci vediamo per il montaggio”. Contavo le ore, ripassavo mentalmente l’elenco dei componenti rassicurandomi che non mancasse nulla, immaginavo come sarebbero state le prime pedalate.

IMG_0433

 

IMG_0390Venne il giorno della consegna ed ovviamente arrivai in anticipo per godermi anche le ultime lavorazioni sul telaio: le limate finali, la sabbiatura, lo spianamento delle estremità del tubo sterzo (classicamente da un pollice) ed il ripasso dei filetti del movimento centrale (rigorosamente a passo italiano). Tutte operazioni che il maestro attuava con totale naturalezza e fluidità mentre io mi perdevo nell’osservare le sue mani che, come per i musicisti, negli anni si modificano ed assumono la forma che il lo strumento e l’esercizio richiedono, dando, ad un occhio attento, la possibilità di individuare lo strumento suonato semplicemente osservandole con attenzione.

IMG_0394

IMG_0445Dichiarato finito, il telaio necessitava del tocco finale: il fregio sul tubo sterzo, la sua punzonatura e relativa iscrizione nel registro d’officina. Ammetto che questo è stato uno dei momenti che più mi ha emozionato. Veder aprire il registro, sfogliarne le pagine consunte dallo scorrere del tempo e iniziare a scrivere in bella calligrafia la data, il mio nome, il tipo di telaio confezionato ed il suo numero di matricola, il 680, ha posto il sigillo su qualcosa di davvero unico ed irripetibile. Quel semplice numero scritto sarà quello che per sempre legherà me al maestro Carlo Carlà, alla sua officina e, non ultima, alla sua terra che nonostante la distanza sento così vicina.

IMG_0446

Il montaggio è veloce, i componenti sono tutti ben assortiti (alcuni con me da anni) e l’insieme che ne risulta mi par da subito armonico ed appagante. Un brivido mi attraversa quando il maestro, vedendomi attonito mi dice: “beh, che aspetti? Provala!”. Mi siedo sul pavimento dell’officina e mi infilo di fretta gli scarpini, esco e respiro il vento salentino, aggancio i pedali e via. Poco più di due semplici chilometri, visti dal freddo elenco delle mie attività in bici, ma sarebbe meglio definirli come duemila metri, pieni di duemila vibrazioni. Cinque minuti in sella, ma meglio trecento secondi con almeno un’emozione ogni tre secondi… fanno un bel po’ di emozioni.

IMG_0451

Tornando un po’ meno poetici, il telaio risponde alla grande, è facile e divertente da guidare, rigido quanto basta, stabile sul veloce e svelto nel curvare. Per favore, non chiedetemi il prezzo che ho pagato, non avrebbe senso, non racconterebbe tutto quello che ho ricevuto in questa bella vacanza in Salento.

IMG_0538

Lascia un commento

Archiviato in bici

due banditi a scalare 21 tornanti, ricordando un #pirata ed un #eroico

In un anno dalla magica avventura del Ventoux sono successe tantissime cose, buone e meno buone…

alpe 065

luciano-berruti-415122.660x368Partendo da queste ultime in un caldo agosto ci ha lasciato il Lucio, il primo eroico ma soprattutto la persona che fin dal primo sguardo di quei piccoli occhi luminosi sapeva trasmettere una passione immensa per il ciclismo, è andato ma ha lasciato profonde tracce non solo sulle strade bianche di tutto il mondo ma anche dentro di molti di noi.

007La parte buona è che, sia per me che per il mio inossidabile compagno d’avventura Stefano, è iniziata l’era dell’acciaio in tema scattofisso ciclistico. Ovviamente non poteva che essere acciaio Columbus, declinato in due modi diversi ma comunque parenti stretti: il suo un elegantissimo Fabrica Cycles verde satinato ed il mio, un Cinelli Vigorelli steel full black, che più lo guardo più scopro dettagli e particolari che mi incantano.


Entrambe le bici interpretano l’acciaio in chiave completamente moderna e, dal mio canto, posso dire di non aver mai pedalato una fissa così precisa e gestibile in curva come questa, davvero una spanna sopra tutto quando da me usato fino ad oggi e felice che l’avventura con questa bici sia appena all’inizio!alpe 013

Il viaggio, a lungo pianificato, verso Bourg d’Osians si svolge in una domenica d’inizio autunno che sa ancora d’estate. Se non fosse per i colori che sono dipinti sulle montagne ci sarebbe davvero da illudersi d’esser ancora in vacanza, ma quell’aria frizzantina che passa dal finestrino socchiuso ci acutizza i sensi ed al solito è bello confrontarsi e raccontarsi su tutto quanto accaduto in un anno intero, ognuno con le sue storie.

Nonostante sia giorno di festa, il paesino alle pendici dell’Alpe è un brulicare di sportivi di varia estrazione, anche se i ciclisti prevalgono! Una breve sosta a suon di zuccheri sintetici e siamo pronti a pedalare.

Ci scaldiamo per qualche minuto, per entrambi questa prima parte scorre via con ottime sensazioni e le gambe girano sempre molto agili. Sappiamo entrambi, anche se solo io ho scalato in bici da corsa un paio di volte la salita di oggi, che i primi due chilometri saranno l’ago della bilancia della giornata.

Difatti non appena ci lasciamo alle spalle la rotonda in pianura, bastano pochi metri ed è subito un muro di fronte a noi che si staglia, solido come il granito. Le forze sono ancora al 100% ma lo scricchiolio delle nostre pedivelle dichiara subito all’asfalto che lo sforzo è grande ed inversamente proporzionale alla nostra cadenza… ma non è intenzione di nessuno mollare, nemmeno di un centimetro.

IMG_1565

I riser, davvero oversize, aiutano molto in questa fase e spingersi avanti diventa quasi un muoversi in verticale, con gesti cadenzati e precisi che scandiscono la salita come un metronomo. E se di musica dobbiamo parlare, la nostra ascesa ricorda non certo un Andante, ma piuttosto un Largo… ben consapevoli che poi il rovescio della medaglia sarà un bell’Allegro in discesa. Ma andiamo con ordine.

alpe 020

Arriviamo nella parte centrale della salita dove le cose, pur non essendo proprio banali, si fanno più accessibili. Ci perdiamo anche nei tornanti a legger i nomi dei corridori celebri che hanno fatto la storia di questa salita e, tornante dopo tornante, arriviamo sempre più in quota come in un’ascesa anche spirituale. Fino ad arrivare al tornante numero 3, dove il solo leggere il nome “Marco Pantani” manda un brivido giù per la schiena che è un distillato di anni di emozioni negli infiniti pomeriggi davanti alla TV a tifare e ad entusiasmarsi per le sue imprese e, nel mio caso, anche l’averlo visto una sola volta in azione dal vivo è un qualcosa che non dimenticherò mai.

alpe 017

Ma dopo questi ricordi, è subito tempo di emozionarci per il nostro, piccolo/grande, traguardo, siamo in cima! L’aria è pungente, non c’è praticamente nessuno nei paraggi e vedere anche tutti gli appartamenti con le imposte serrate rende tutto quasi surreale. Eppure ci siamo, in poco più di 13 chilometri siamo saliti di 1100 metri e siamo in un tempio del ciclismo moderno ma ce lo siamo guadagnato come erano costretti a fare i corridori di inizio ‘900, ad un solo rapporto e con bici ben più pesanti delle nostre.

alpe 019

alpe 058In ricordo di Luciano Berruti siamo saliti con la sua proverbiale fascia rossa al braccio, a supporto dell’associazione a lui cara che si occupava della ricerca contro la distonia. Una di queste fasce l’abbiamo voluta legare al palo del cartello dell’Alpe d’Huez a ricordo e testimonianza di quanto la passione e l’impegno possano muovere nelle singole coscienze delle persone che sanno ascoltare.

alpe 062

La seguente sosta al bar è d’obbligo, stante l’orario e le calorie bruciate. Il locale, dichiarando da subito la sua vocazione bike-friendly, ha una maxi sbarra all’esterno dove appender le bici e accostiamo le nostre di fronte al tavolino dove ci gustiamo quella che mi sembra la bibita più buona del mondo ed un panino al prosciutto che nemmeno Cracco potrebbe preparare così bene.

Qualche sguardo degli altri ciclisti, numerosi e pressoché tutti non francesi, ci fa divertire, con quel misto di incuriosito, ammirato ed indispettito che genera ancora il vedere una bici da pista in montagna.

alpe 034

Ed ora via con la discesa. Il clima ancora mite, anche in quota, ci permette di non esagerare con il vestiario e di affrontare la seconda parte della giornata del tutto a nostro agio. Per la prima volta riesco anche a godermi appieno la folle bellezza di una discesa senza i freni. Complice la strada che pare quella tracciata sulla neve fresca da uno snowboarder, il susseguirsi dei tornanti scandisce un ritmo perfetto tra le fasi di puro controllo della bici e skiddate lunghe in approccio agli stessi hairpin. Il gioco diventa subito sin troppo divertente e vien voglia di ritardare il bloccaggio della ruota per gustarci l’ingresso in curva con la bici leggermente di traverso e le narici piene dell’odore acre di gomma bruciata. Torniamo bambini e il gioco a chi “sgomma” più lungo lascia attonito qualche gruppo di ciclisti in salita e qualche passeggero delle poche auto che ci superano scendendo.

alpe 073

Se per caso dovessimo rifarla in una delle prossime stagioni, oltre al prezioso supporto di Cinelli/wingedstore si renderà necessaria la sponsorizzazione da parte di qualche brand di copertoncini!

alpe 088

L’ultimo tratto, nonostante la pendenza, spaventa ora molto meno e l’ampia visibilità ci consente di mollare il controllo della pedalata e far girare vorticosamente le gambe trascinate dal movimento delle pedivelle. Arrivo a leggere una cadenza di 130 pedalate al minuto che in quel momento mi fa sentire come sulla punta di un treno lanciato in corsa sui binari, la sensazione è stupenda perché si affianca a quella di avercela fatta anche questa volta a compiere quello che è la nostra impresa annuale. Impresa che, oltre ad unire un’amicizia separata solo da qualche centinaio di chilometri, riesce ogni volta a farci fare un tuffo ancora più profondo in questo mare splendido che è il “nostro” ciclismo.

3 commenti

Archiviato in bici

Settembre, il mese delle #criterium a #scattofisso

Beh, quest’anno è stato strano per tutta una serie di fattori, non ultima tra le stranezze quella di non aver corso, per ora, nessuna criterium con la bici da pista… ma ho tempo e modo per rimediare…

054

… Si inizia subito ovviamente con il top di gamma, dopo le prime due tappe che hanno visto battaglie epiche in condizione anche limite, ecco la tradizionale reedhook di Barcellona! quest’anno sarò alla finestra, diciamo, ma è sempre bello seguire le gesta di quelli che oramai sono atleti di primissimo livello sfidarsi nel circuito più tecnico della stagione, ne vedremo delle belle!

016

crit_rhoNemmeno il tempo di far raffreddare le gambe, proprio il 6 settembre, una prima infrasettimanale di prestigio. Grazie alla perfetta organizzaizone di scattofissoCrew (Lissone vi dice nulla?) ci sarà la prima edizione della SDC Biringhello Crit in quel di Rho (MI) con un percorso tecnico dove tirar fuori tutte le skills da specialista

Il 9 una concomitanza fissa la tradizionale National Mutarde crit di Dijon con la tappa conclisiva del trofeo criteriumitalia in quel di Varano, come si divideranno gli alfieri dello scatto fisso?

018

Altro infrasettimanale con un classico dei classici: la cirterium Tremens al parco Lambro, ormai il tempio conclamato della velocità milanese. Un circuito classico della quale conosco anche i sassolini, ed unica l’atmosfera che si respira nel parco!

io_dario

Arriviamo ad una delle più belle del panorama nazionale, il 23 ci sarà la criterium del ponti a Pogliano milanese, ed è un circuito che miscela alla perfezione velocità, tratti tecnici e porzioni in pavè come una classica crit urbana deve avere. L’organizzazione brianzola non ha mai sbagliato un colpo ed in poco tempo è diventata uno degli appuntamenti più prestigiosi della stagione. Neanche a farlo apposta è da sempre la gara in cui le mie gambe girano meglio e riesco sia a divertirmi sia a fare una ottima prestazione, non si può mancare!

IMG_1068_piega_culo

Il mese si chiude con il botto, proprio nella mia Torino. Al 30 di settempre ci sarà la prima edizione del “god save the cyclists” all’interno del parco Ruffini per quella che si presenta come un’altro grande appuntamento del calendario. Il percorso è selettivo e non sarà facile indovinare il rapporto ideale per essere veloci in tutti i settori. Il tutto supportato da un’organizzazione nuova e dinamica che è anche base ad un progetto importante per la sicurezza di chi tutti i giorni si move o si allena in bici sulle strade!

godsave_torino

https://www.youtube.com/watch?v=aeaOpAphE0s

Arriverà poi l’ottobre della ottava redhook milanese ma questa, per ora, è un’altra storia, ma ho la bici nuova da testare a fondo!

009

4 commenti

Archiviato in bici

Blend your skills, it’s time for RESPUBLICA SUPERIOREM vol.II

l’anno scorso una infelice concomitanza con la LodiLeccoLodi  fece sì che saltai la prima edizione, ma quest’anno l’attesa era altissima per quella che è una gara unica nel panorama nazionale dello scatto fisso…

flyer_res2

La giornata profuma d’estate, anche se siamo solo al primo giorno di aprile. Genova è una città unica e particolare, così racchiusa tra il blu del mare ed il verde aspro dei rilievi subito alle sue spalle, in perenne lotta per ricavare fazzoletti di terra per costruire o dove realizzare strade per inerpicarsi verso i paesini dei dintorni.

006

In questa cornice così caratteristica però, oggi si andrà a conficcare come una pugnalata la gara più folle che mente ciclistica abbia potuto architettare. Ci saranno 5 check-point da raggiungere ma non è un’alleycat, dato che abbiamo la traccia GPS; non è una velocity, dato che si esce dalla città per ben due volte; non è  una cronoscalata ma c’è da salire anche se non ci sarà l’aiuto del cambio a poter selezionare il rapporto ideale  (quello bisogna deciderlo la sera prima, montando la bici da pista per l’occasione). Sì perchè la gara oggi è riservata a bici a scatto fisso senza freni, se leggete da un po’ questo blog non è certo una novità, ma qui la novità è che i corridori si misureranno non in pista (e vabbè…) e nemmeno in una criterium su di un circuito cittadino, anche se a ben vedere è sì un anello, ma unico e lungo 50km e soprattutto le strade saranno tutte aperte al regolare (un eufemismo) traffico del sabato pomeriggio genovese. Insomma, si preannuncia come il re dei cocktail nel campo delle competizioni che piacciono a me.

005

Una grande mescolanza, per fortuna, è anche il gruppo dei partenti. Li raggiungiamo al parchetto che ospiterà la partenza. Tra molti visi noti e qualche nick finalmente associato ad una persona reale, si sentono anche tante lingue diverse, dall’est e dall’ovest dell’Europa, il che rafforza ancor di più la sensazione di essere una piccola ma bellissima comunità. Tutto questo fa meditare su quanto internet sia da collante per una realtà del genere. Fatico a pensare come si facesse ad organizzare eventi simili nell’era pre-digitale, fatico davvero…

004

Al momento dell’iscrizione ci consegnano una piantina cartacea, da usarsi come estrema ratio, il manifest, da completare con i 6 check in successione, e qualche solita indicazione sul fatto di comunque usare la testa prima delle gambe e dell’istinto dato che l’obiettivo è quello di divertirsi a base di fatica ed adrenalina e non certo frequentare le sale del pronto soccorso nè, tantomeno, far male a qualcuno.

start2

Dopo un’attesa che mi è parsa breve si parte, ore 13:05. L’inevitabile calca della partenza viene scremata in un lasso di tempo piuttosto breve. Bastano un paio di incroci a semaforo, qualche falsopiano e qualche gamba ancora un po’ fredda o qualche rider non avvezzo all’arrembaggio metropolitano ed eccoci già in gruppi di 3-4 in rapida successione. Tra un pizzico di fortuna, qualche scia giusta e la proverbiale idea che qualunque gara, dallo scratch in pista alla transcontinental, va subito presa di petto, mi ritrovo solitario all’inseguimento dei due battistrada.

sottopasso

Ovviamente il ritmo che sto tenendo è al di sopra delle mie possibilità e non ho alcun aiuto dato che anche il vento laterale di 3/4 non mi fa certo veleggiare, ma il morale alto è tutto dato da quelle due sagome là davanti, una chiara e l’altra sul verdognolo che mulinano come me un rapporto profondamente inadatto alla pianura (di fatto inadatto a tutto quello che affronteremo, ma comunque il miglior compromesso possibile).

scannare

Io me ne sto rannicchiato con i gomiti poggiati sul manubrione da mtb (ci sarà da spingere in salita e verrà estremamente utile) in una pseudo posizione da cronoman della domenica dalla quale, purtroppo o per fortuna non ho la visuale sul mio Garmin edge. Per fortuna perchè se avessi visto il valore dei miei battiti c’era da calmarsi immediatamente, ma purtroppo perchè, complice una mezza curva cieca ed una rotonda, sbaglio strada. Il trillo del “fuori rotta GPS” mi fa  risvegliare dalla trance agonistica e mi ritrovo nel parcheggio di un supermarket. Realizzo l’errore, mi volto in tutte le direzioni per capire il da farsi e trovo un corto vicolo con alla fine una scala in discesa. D’istinto lo imbocco, scendo di corsa le scale con la bici in spalla (gesto ormai automatico dalla stagione crossistica appena conclusa), poggio le ruote e a terra e vedo due ragazzi sfilare avanti a me: percorso ritrovato! La pausa non pianificata ha anche livellato i valori del mio motore umano, quindi riprendere a pedalare diventa un po’ più facile. Iniziano a diradarsi case e palazzi, nel mentre la strada inizia a salire, abbiamo fatto solo 10km, ne restano 40.

005 (2)

Dopo una rotonda, appare a tutti chiaro che il menù dei prossimi  otto chilometri sarà a portata unica: salita! In realtà il concetto di salita lunga non è così interiorizzato da alcuni ragazzi che attaccano le prime rampe come si potrebbe affrontare un cavalcavia, morale son costretti poi a fermarsi boccheggianti a riprendere fiato. Perchè la salita è così: va conosciuta e rispettata prima, casomai sfidata dopo, molto dopo. Il traffico è praticamente assente, sembra di partecipare ad un’altra gara rispetto a quella dei minuti subito precedenti. Il silenzio è interrotto solo dal nostro respiro e dallo scricchiolare delle pedivelle, sottoposte ad uno sforzo per la quale non erano progettate. Le cadenze stanno al di sotto delle 35 pedalate al minuto, una condizione che qualunque biomeccanico o preparatore atletico sconsiglierebbe vivamente, noi oggi faremo anche di peggio.

006 (2)

Alex in salita vola, io me la cavo, riesco a divertirmi e a riprendere un po’ di corridori, qualche rampa piatta ci fa prendere ritmo e coraggio, ed ammirare una vista su Genova che toglie il fiato, anche se di fiato ce n’è rimasto a tutti molto poco.

002Inizia un tratto a “scaloni” intervallato solo da una rampetta al 18%, dove ci mettiamo tutti a camminare, ed un ultimo strappo dove purtroppo mi coglie con una stilettata il primo, e per fortuna unico, crampo di giornata. Impossibile ignorarlo ed altrettanto impossibile rimettermi in sella e ripartire, riagganciando i pedali su questa pendenza con questo rapporto (l’immancabile 47-17 n.d.t.). Non resta che farsi un’altra camminata nemmeno troppo breve dove un paio di corridori, tra cui il toscanissimo Matteo mi passano lentamente ma inesorabilmente: li rivedrò solo al traguardo.

respublica genova-110

Fatto vistare il manifest in cima (siamo a ben 750 metri sul mare, ed il mare è a vista)  è ora di gustare il terzo piatto forte di giornata: dopo il traffico e la salita vien naturale far un po’ di discesa! Non voglio far il supereroe che non sono e raccontarvi inesattezze: con una bici da pista senza i freni, un po’ di pratica, un po’ di gamba e molta testa è possibile andare in discesa.

respublica genova-112Non siamo super uomini o funamboli, solo abbiamo imparato come fare e ci diverte farlo, alla stessa maniera come sci e snowboard non son dotati di freni meccanici come un bob ma nonostante questo si usano giù dai pendii innevati. L’unica distinzione è che di fatto siamo ancora in pochi a farlo e abbiamo questa smania di finanziare i produttori di copertoncini da bici. Oggi questa prima discesa è tecnica ma non proibitiva e con un po’ di accortezza si lascia percorrere senza riservare tranelli. Vado comunque tranquillo, senza osare troppo e riesco anche a divertirmi, tanto ormai, nel mentre che percorro le prime curve, Alex è già al fondo e, come un Gilbert dello scattofisso, inizia la sua fuga solitaria di 20km che lo porterà a trionfare nella gara di casa (proprio come farà Philippe il giorno dopo, vestito col tricolore belga, in una delle classiche monumento più belle che abbia mai visto).

011

Il lungo rettilineo a fianco del fiume Polcevera (per un ingegnere civile anche solo poter osservare quel ponte sul fiume è di per se un’emozione) diventa  il perfetto banco di prova per testare quello che è rimasto delle gambe e verificare che tutto l’apparato meccanico, gomma in primis, siano ancora in ordine ed efficienti. E’ così. Raggiungo ben presto il mio concittadino Marco con il quale farò il resto della gara e lui, come un novello Coppi (o fu Bartali?), mi passa la sua borraccia con i sali minerali che scacceranno definitivamente il problema crampi, almeno per oggi.

014

Dopo una breve nuova capatina tra le vie cittadine iniziamo a risalire verso la borgata Granarolo, rampe sempre insidiose ma ormai le posizioni sono stabilizzate e restare in condizione lucida e presente è ora più importante della prestazione pura… l’ultima discesa di per se corta viene un po’ funestata da un asfalto in condizioni pessime che ci fa faticare più del dovuto per controllare la bici. Nonostante tutto arriviamo nell’ultima parte di gara.

io_marco_zena

Come si suol dire: la gara finisce sempre al traguardo, mai prima. Nell’ultimo tratto di misto cittadino mi trovo a mio agio, cala un po’ la tensione e spingo bene sui pedali, ormai voglio solo arrivare e la mente inizia a disattivare qualche suo radar interno, grave errore. In una piccola discesa, prima di un tornante a sinistra, durante un banalissimo skid per impostare la curva, mi si sgancia il pedale sinistro. Quello che segue è la descrizione di un lasso di tempo durato non più di tre secondi, ma che è stato intenso e “pieno” come nemmeno un intero pomeriggio al lunapark. Primo pensiero: farà male, molto. Secondo pensiero: non ho nemmeno deciso a chi lasciare le bici dopo la mia dipartita. Terzo pensiero (decisivo): cazzarola ma in bmx l’ho fatto per una vita di frenare con il piede dietro, vuoi che non ne sia capace ora? Sposto il peso e caccio tutta la pressione possibile sul piede sganciato che va a incastrarsi tra ruota e fodero alto del telaio. Al naso arriva quasi subito odore di plastica e gomma bruciata, un sibilo l’accompagna e sento un rallentamento efficace… riesco a far la curva e fermarmi poco dopo. Come un novello casco nero in Spaceballs dico al mio amico Marco: “abbiamo frenato? ok, allora pausa, 5 minuti di pausa….”. Il cardiofrequenzimetro registra un picco di battiti, scendo dalla bici e controllo nell’ordine il pedale, la scarpa e la gomma posteriore. Incredibilmente è tutto in ordine ed il motivo della sganciata non può che essere un movimento maldestro. Ripartiamo.

scarpa2

Dopo qualche incertezza riacquisto comunque fiducia e ci dirigiamo verso l’arrivo, un ultimo vialone dritto in discesa mi regala, semmai ce ne fosse ancora bisogno, l’ultimo fiotto di adrenalina nello scendere senza freni attraverso il traffico, par di essere su Market street a San Francisco e, a ben vedere, non è poi così idealmente distante quella città, dove una grossa fetta di questo movimento è nata e cresciuta.

gruppo_arrivo

L’arrivo è festoso e pieno di sorrisi. Chiudo con un insperato ottavo posto, frutto di un mix di cose andate per il verso giusto, un pizzico di fortuna e tutte le gambe che avevo oggi.

015Scambiarsi poi racconti, esperienze  e  darsi appuntamento alle prossime gare della stagione è d’obbligo, il tutto annaffiato da un’ottima birra e una buona dose della proverbiale “fugassa” genovese. Ci rivedremo presto con molti, ma questa gara resterà nella memoria e, spero, nelle future stagioni come un qualcosa di assolutamente unico nel suo genere, d’altronde di Genova al mondo ce n’è una sola!

tracciato

 

Le foto di questo articolo sono di Francesco Bartoli x SCVDO, Silvia Galliani, Dino Zoor, Chiara Redaschi, Guido Gazzaniga.

4 commenti

Archiviato in bici, fixed