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Lottare, e vincere, contro (se stessi), 138km di vento e un oceano di colline bianche…

Era alcuni anni che non partecipavo a delle granfondo, vuoi per l’ambiente non tra i più accoglienti nel campo ciclistico, vuoi per l’impegno in termini di ore fuori casa e trasferte… grazie all’avventura con Trek, invece, la ripartenza è stata oltre le mie più rosee aspettative!

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Dopo un viaggio che per fortuna si è svolto a tappe e per fortuna anche in buona compagnia, per una volta mi trovo di fronte al morbido profilo delle colline senesi che l’aria non odora di inizio autunno ma di fine inverno. Infatti questa volta di eroico ci saranno solo le strade bianche ma non tutto il contorno di acciaio, tubolari Clèment, scarpette in cuoio e magliette in lana. Questa volta sono qui per un qualcosa che pur rimanendo ciclismo è totalmente diverso e, per me, fortunatamente nuovo.

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Il sabato farò lo spettatore ammirando i migliori corridori al mondo cimentarsi nella strade bianche pro,  a seguire la domenica sarà la mia volta, su di un percorso più corto (circa 140km al posto dei loro 200) ma non per questo meno duro, selettivo, affascinante ed evocativo.

Compagna di viaggio al nostro ultimo appuntamento è la Trek in declinazione Domane 6.2 disc che mi ha tenuto compagna per quasi un intero mese dove ho avuto modo di conoscerne tutti i suoi lati, anche i più nascosti, ma queste è un’altra storia (o il prossimo articolo, se più vi piace). Per una serie di scelte fatte in precedenza ho montato la bici con dei pedali da mtb, in previsione di dover magari camminare sullo sterrato (la mia condizione fisica è ancora molto lontana dal potersi dire accettabile) ma come conseguenza posso muovermi un ina città bomboniera come Siena in tutta libertà all’interno della cerchia delle mura. Quindi, jeans, giubbotto, casco (sempre),  scarpe Chrome mille usi e via, si va a vedere l’arrivo della gara dei pro!

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Erano più di vent’anni che non entravo in piazza del Campo e la sensazione di ricadere nella magia del rinascimento italiano è fortissima, devo solo fare un po’ di astrazione ed immaginarmi che non ci siano le comitive di turisti russi e giapponesi e nemmeno quel portale di fronte a palazzo della signoria, anche se per la verità è proprio per quel portale che oggi sono qui. Sono in anticipo e la voglia di esplorare e pedalare è troppa per lasciarmi davanti al maxischermo che inizia a trasmettere le prime immagini della corsa. Mi lascio allora trasportare dalla curiosità e vago per le strade selciate tutte in sali-scendi della città. Scorci ed angoli strepitosi si susseguono uno dopo l’altro, poi dopo un paio di discese mi trovo ad incrociare proprio il percorso della gara di oggi e la tentazione di percorrere il “loro” ultimo chilometro è troppo forte per potergli resistere! Dopo poche pedalate mi trovo di fronte ad un muro devastante, il tratto più tosto sulla carta è “solo” 300 metri ma ad una pendenza poco al di sotto del 20%. Arranco e mi aggrappo al manubrio, devo usare tutto il corpo per far girare le ruote. Sotto gli sguardi anche un po’ incuriositi di qualche turista arrivo in punta e da lì solo un paio di svolte per arrivare sul traguardo. In cima a quella salita io boccheggio ma so già che sarà, come gli anni passati, quella la chiave di volta dell’intera gara ed ho i brividi a pensare ad un corridore con la forza di poter scattare su di una rampa simile dopo duecento chilometri di gara. Dopo poco mi raggiungono in piazza i miei compagni di avventura in questo weekend: Luca ed Emiliano, due (tri)atleti con cui dividerò gioie dolori ed emozioni di essere in questa terra magnifica per pedalare. Ci appostiamo per l’arrivo con vista sia della linea del traguardo sia del maxischermo… Alla fine non sbagliavo troppo la previsione, uno scatto a tutta di Van Avermaet con Stybar che tiene comunque il passo e si riserva quel guizzo in più e quell’abilità a svicolare tra le transenne che solo un ex campione del mondo di ciclocross ha nel DNA e va a vincere! Seguono un incolore (per me) Valverde ed un caparbio Diego Rosa che ha saputo muoversi benissimo sugli sterrati essendo un’anima da ruota grassa!

La festa e l’emozione per un arrivo così entusiasmante ed incerto lasciano ora spazio alla preparazione della nostra piccola grande impresa. Ci dirigiamo al ritiro dei pettorali, e trovo subito una graditissima sorpresa. Chi mi conosce sa bene che il mio numero portafortuna è il 3… ecco qui me ne trovo addirittura due da cucire addosso. Il mio numero di gara per domani sarà il 303, auspicio migliore non potevo avere. Poi dopo cena ancora gli ultimi gesti di rito: le ultime regolazioni alla bici, una passata per tutta l’estensione dei copertoncini per cercare eventuali tagli che potrebbero compromettere la gara, ed infine quelle quattro spille da balia pronte ad appuntare il numero sulla schiena. E’ la prima volta quest’anno che compio questo gesto antico come il ciclismo stesso ed ancora non so dove mi porterà questa stagione di gare.

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La sveglia ha bisogno di pochissimi trilli, in un attimo sono nel cortile dell’hotel, pronto. La colazione è quella classica da albergo ma cerco di incamerare quanti più zuccheri possibile. Partiamo da lì direttamente in bici, tagliano a metà per il centro cittadino sino al luogo della partenza. La griglia che ci hanno riservato come ospiti è molto davanti, il che è un po’ un’arma a doppio taglio: facile seguire le ruote buone ma difficile gestire tutti i cavalli di razza che sopraggiungeranno alle nostre spalle. In questo mi arrogo un piccolo vantaggio, ho confidenza con le gare fianco a fianco ad altri ciclisti, mentre i miei due soci ad bravi triatleti solitamente spingono sui pedali in assoluta solitudine, la loro bagarre è solo nella fase di nuoto solitamente!

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Compare anche il grande Fabian “spartacus” Cancellara e darci un saluto e qualche consiglio, poi 3, 2, 1 via! Avevano detto che i primi 5km sarebbero stati ad andatura controllata, ma non avevano specificato quale, dopo i primi istanti lancio un’occhiata al Garmin e leggo 54 orari, benissimo, si parte senza riserve e così sarà per tutta la gara: dare il massimo sapendo di dover gestire una corsa di almeno 5 ore sulla sella.

lasciato l’abitato di Siena una cosa prende sopravvento (parola non casuale) sul mio gruppo, un vento forte, laterale o di tre/quarti anteriore, a folate continue e nemmeno tanto caldo. Sarà il compagno di tutti i corridori fino all’arrivo ed è una bella gatta da pelare… a condire la situazione, perchè la legge di murphy non sbaglia mai, dopo poco mi ritrovo anche da solo a sfidare gli elementi. Ma per fortuna arriva uno dei motivi per cui sono qui: il primo tratto di strada bianca! Come già sapevo, anche con una bici molto diversa dalla mia acciaiona con il fiore, queste strade mi fanno tornare bambino. Non mi accorgo e sto spingendo sui pedali a tutta, sento la bici letteralmente galleggiare sulle asperità e sul  brecciolino, la simbiosi è perfetta e non fosse per l’energia spesa dalle mie gambe quasi che ho la sensazione di sentirmi su di una moto da enduro… strepitoso! Inizio a vedere anche le classiche scene a bordo strada di un buon numero di forature… un po’ ancora mi stupisco, io alla fine con oggi sono cinque volte che percorro queste strade senza risparmiarmi ed ho sempre riportato a casa le camere/tubolari di scorta, meglio così: è anche importante capire dove mettere le ruote e scegliere con attenzione la pressione di gonfiaggio.

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La strada scivola comunque veloce ed è sempre bello poter scambiare qualche battuta con gli sconosciuti compagni di corsa, è un po’ come agli esami universitari dove nell’attesa di sedersi al tavolo del professore e ci si scambia quelle battute magari banali ma che fanno sentire dannatamente meglio, una condivisione necessaria non tanto per le informazioni scambiate quanto per l’empatia che si viene a creare.

Mi fermo a tutti i ristori, trovando volontari davvero gentili e (novità) con la voglia di scherzare! Non ho fretta e mi prendo qualche minuto, soprattutto per fare il pieno di sali alla borraccia perchè so che prima o poi i crampi arriveranno ed è opportuno farsi trovare preparati. I tratti di salita li trovo sempre via via più impegnativi. Non ho una condizione per una gara del genere, ne ero consapevole, ma come dice un mio amico del mestiere: “nel nostro ciclismo l’importante è darsi obiettivi nettamente al di spora delle proprie possibilità.” e vi assicuro che la cosa funziona alla grande. Con queste parole nella testa le colline volano via una ad una, ognuna con la sua caratteristica sia nella salita che nella loro discesa. A tre quarti di gara mi raggiunge un bel gruppetto, saranno una decina circa e riesco a tenere il loro passo sentendomi al sicuro, discese comprese dove finalmente riesco anche a trovare il 100% di feeling con la mia Domane e a gestire al meglio la ottima modulabilità dei dischi freno.

Passati i 110km di strada inizio davvero a sentirmi in riserva, come si suol dire sulle peggiori rampe ora ho solo più la compagnia dell’uomo col martello che arriva implacabile portando con se anche i primi crampi. Non mollo, anche se qualche passo a piedi sono costretto a farlo. Poco male,  ho anche le scarpe da mtb che mi fanno camminare benissimo sullo sterrato, quindi la prendo quasi come un’attività di scarico dalla pedalata.

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Inizio a vedere le costruzioni di Siena, sono ancora in basso ma annuso l’aria del traguardo e questo porta nuova linfa nelle mie gambe, i crampi se ne stanno buoni e gli ultimi chilometri, di nuovo in solitaria, passano via veloci. Arrivo alla svolta chiave che mi fa entrare sul selciato cittadino dell’ultimo chilometro.

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Come sempre, come al solito passa tutto: stanchezza, intorpidimento del fisico per le cinque ore e mezza in sella, via, ci sono solo io che spremo e zittisco le gambe per arrivare in piazza del Campo che dopo l’ultima svolta mi si para di fronte, in leggera discesa ed eccomi, posso anche concedermi di chiudere gli occhi un istante e sentirmi a mio modo vincitore dell’ennesima sfida con me stesso.

Taglio il traguardo in una delle piazze più bella del mondo e questa emozione so già che non se ne andrà tanto presto dalla mia mente, anzi sedimenterà per creare un altro di quei ricordi indelebili che solo la mia ingestibile passione per il ciclismo sa regalarmi. Fino alla prossima volta.

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Dovrei raccontare di #Eroica ma mi serve più tempo…

Ancora una volta di ritorno da quel paradiso che è il Chianti, ancora un volta con la mente e l’anima carichi di ricordi ed emozioni per aver percorso quelle colline, sempre uguali eppure sempre diverse… L’urgenza di fissare le immagini mentali ed i ricordi di tutti e cinque i sensi si scontrano con l’esigenza di dare una veste più organica a tutto quello che è l’Eroica. Con qualche nube all’orizzonte ma anche molte speranze, sto iniziando a scrivere sulla lunga distanza, non più un semplice articolo qui. C’è così tanto nell’Eroica che, a differenza degli anni passati, non riesco più a contenerlo in un racconto da pausa caffè. Ci spostiamo allora sul divano, magari con un bicchiere di vin santo, e del tempo da dedicare all’approfondire l’universo del ciclismo.

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Man mano pubblicherò qualche estratto, qualche bozza a tinte colorante, tanto per anticiparvi quale direzione sta prendendo… che sia un libro vero e proprio o una serie di puntate di un racconto più ampio ancora non lo so dire, ma come si dice, l’importante alla fine non è la meta raggiunta, ma il viaggio percorso.

Parto ora, vi scriverò strada (bianca) facendo…

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molte cose successe, molte ne dovranno succedere… #ciclismi

tanto, troppo tempo che non scrivevo nulla qui…

…un po’ me ne scuso, alla fine il seguito che ha questo spazio è tale da sorprendere anche me quindi un po’ di cose ve le devo raccontare, anche se il divenire di molte cose è sotto gli occhi di molti (cari social amici e amici della – essenziale – vita vera).

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Da una piccola idea di aprile è nata una squadra: anomala, atipica, disorientante per molti, ma ci siamo e in poco tempo abbiamo avuto collaborazioni stupende dai nostri sponsor tecnici ma soprattutto abbiamo ottenuto grande stima e rispetto da parte di tutti, soprattutto da quelli che sono avversari quando siamo in sella, ma restano e resteranno amici quando siamo giù dalla bici. Questo è quello che era il nostro scopo, ora ci aspetta il gran finale e le tappe di avvicinamento stanno andando bene. Non è facile, non lo è mai, vai solo più veloce ma anche gli altri si allenano come e (spesso) meglio di te, ci va il solito mix di cuore testa e gambe, ma stiamo arrivando al gran finale e non si può sbagliare, ci giochiamo un’intera stagione in 45 minuti. A molti va persin peggio, immagino le finali olimpiche di tutti, dove ci si giocano quattro anni di preparazione i cinque secondi di tuffo, quindi va bene così, questo è quello che amiamo fare e lo faremo fino in fondo. Un paio di giorni fa mi son venute di getto queste parole che riporto per fissarle anche qui:

“non lo facciamo per la notorietà, non abbiamo nulla alle spalle, nessun costruttore di bici, nessun negozio, nessuno che ci dia dei soldi per le trasferte, nessuno che ci chieda conto di risultati o meno. Lo facciamo per una incrollabile passione, contro tutto e tutti e per la sete di gareggiare, quella che ti fa alzare sui pedali quando le gambe invece gridano di fermarti. Siamo il Cykeln racing team e siamo qui solo per correre.”

Come andrà è presto per dirlo, di sicuro saranno di nuovo emozioni di quelle che si scolpiscono nel profondo, come le volte precedenti o forse ancor di più.

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Dall’altro lato del pianeta bici quest’anno non sarò ad uno degli appuntamenti che porto nel cuore. L’autunno con il suo fascino merita anche qualche pedalata presa con la giusta calma, con una bici fatta sì per correre, ma come si faceva trent’anni fa, quando ancora qualche strada non era ricoperta dal nero manto di bitume, ma era bianca come la neve, fatta da una moltitudine di polvere e pietre di diversa grandezza ed accarezzarla con i tubolari riempiva di splendide immagini e ricordi la mia mente.

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Non sono stato estratto per l’Eroica, avrei potuto comunque partecipare e molti pettorali mi son stati proposti, ma ho interpretato tutto questo come un segno. Quest’anno mi serve di pausa, per riflettere su quanto così intenso vissuto negli anni scorsi e mettere in fila un po’ di cose, non basta un articolo qui sul blog, no ci vuole qualcosa di più organico ed importante, ancora una nuova sfida, quasi più difficile dei miei ultimi 205km sulle strade delle colline senesi. Spero di darvi notizia presto.

 

Infine, è anche ora di mettersi sul serio a lottare… lottare nel fango, freddo e scavalcare gli ostacoli del ciclocross. Sono già un paio d’anni che corteggio la disciplina, prima un timido assaggio, ma con bici sbagliata, poi arrivò la bici perfetta, ma la stagione era agli sgoccioli, e poi, ancora, un fantastico assaggio nelle sere d’estate dove nel giro di cinque gare e parecchie “sventole” prese ho capito che, benchè piuttosto alla moda oggi, il cross non è una cosa facile, non lo è affatto. Ci va gamba ma anche tanta tecnica e tantissima concentrazione per stare al 110% per tutta la durata della gara (sempre meno di un’ora, ma sembra non finire mai, altro che le granfondo….).

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ostacoli2Il fascino però è enorme, per il fatto stesso di aver voglia di allenarsi e correre quando qualunque ciclista sano di mente se ne starebbe a casa al caldo, quando gli stradisti pensano solo a fare palestra o rulli, quando anche molti biker mollano la presa, il cross ti porta ancora là fuori, quando piove o nevica, quando appoggi le ruote su di un fondo che ti farebbe arrancare anche a piedi, assurdo. Per di più su percorsi creati ad arte da veri e propri geni del male, con curve strettissime, ostacoli spigolosi, scale, sabbia… un inferno… ma di solito all’inferno, clima a parte, la compagnia è sempre ottima e credo che quest’inverno ne avrò di nuovo la riprova.

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non più naufragio, ma una infinita navigazione, nel mare della mia #eroica 2012

è possibile che lo stesso luogo, le stesse persone (all’incirca), e la stessa splendida manifestazione riesca a suscitare emozioni così diverse a distanza di un anno intero? beh, penso di sì, di mezzo ci sta la fatica, sempre uguale, ma sempre diversa….

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Inizia facile, con un appuntamento in cantiere al venerdì pomeriggio, in quel di Piacenza, il mio lungo viaggio, sia nella terra più bella d’Italia (ma è una mia personale e parziale opinione) sia anche un po’ dentro me stesso… la strada scorre veloce, facile sotto quattro buone ruote, l’idea comunque di spezzare in due parti il viaggio di andata si rivela estremamente azzeccata. Sabato mattina mi trovo già a parcheggiare nel limitare di quel piccolo capolavoro che è Gaiole in Chianti.

C’è fermento, quest’anno ci siamo davvero tutti qui, è il posto che “ci devi essere il primo weekend di ottobre” perchè anche se sotto ormai una spessa coltre di marketing virale e risalto mediatico fine a se stesso, riesci a respirare un’atmosfera che non ha pari. E inizi a salutare che sembra di essere quasi ad un matrimonio (il tuo); dove ora che hai fatto il giro a salutare tutti tocca ripartire quasi da capo per farci anche due parole… Dopo le formalità del ritiro pettorale per fortuna però resta spazio per assaggiare un buon bicchiere di Chianti e raccontarsi di bici con gli amici più cari, e fare un giretto di prova, tanto per “slegare la gamba” in vista del giorno dopo.

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Grazie ai ragazzi di Ravenna e Bologna ho trovato ospitalità in un grazioso albergo, ad una trentina di km da Gaiole, la sistemazione è più che ottima per il tempo che ci dovrò stare… La parte migliore al solito la cena, a base di carboidrati e risate, amabilmente mischiati tra loro.

029A tarda sera entra in scena uno dei riti per me più belli: attaccarsi il numero di corsa sulla maglia e sulla bici, momenti ogni volta carichi di significato, benchè sempre diversi. E poi un’ultima ispezione alla bici, passare la mano sui tubolari per controllare che non ci siano tagli o screpolature ed un po’ parlare a quei otto chili e mezzo di metallo e gomma, cuoio e stoffa, per chiedergli il favore di non far brutti scherzi domani, che già non sarà semplice di suo, senza guasti almeno ci si potrà concentrare solo sull’impresa.

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Ore 3:35, la sveglia suona, la sento (e di suo è già una notizia) poche cose da fare ma tutte importanti, mangiare, vestirsi, caricare tutto senza dimenticare qualche pezzo in stanza, e via: partire verso quello che è già un mini-traguardo… alle 5 meno qualcosa del mattino sono in piazzetta di Gaiole in attesa del mio turno al foglio firme, sorseggiando un provvidenziale tè caldo fornito dai ragazzi di le coq sportif (ah, grazie eh!). Incontro subito un veterano della manifestazione, quest’anno al foglio firme, ed inauguro quel foglietto a parte che raduna i partecipanti di fixedforum, può sembrare una stupidata, ma alle 5 del mattino no, resta una cosa importante e soprattutto motivante. Infatti gli prometto che se l’inizio è per il verso giusto questa volta si imbocca il bivio che porta al giro lungo, quello da 205km (e qualcosina in più ). Quello che ti dicono “se non fai quello almeno una volta non hai mai provato la vera <Eroica>” (e hanno ragione, tanto per dire…)

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E allora via, aiutato dall’unica attrezzatura moderna sulla bici, rappresentata dal led posteriore rosso e dal faro anteriore. Le prime pedalate su asfalto scorrono via come sul velluto, merito forse anche dei tubolari da 21mm che mi ritroverò ad elogiare più e più volte nel corso della giornata. Si arriva a quel castello di Brolio che lo scorso anno tanto mi emozionò e che ancora sa dare molto, ma la testa quest’anno ha un obiettivo ambizioso e forse un po’ più grande di me, dato che non sono uno di quelli che solitamente fa i classici giri lunghi e dislivelli himalayani, anzi, prediligo le sparate da un’oretta e qualcosa impostate come crono individuali, ma oggi tutto è diverso.

 

Anche per questo la voglia di provarci è tantissima, di farmi amministratore delegato di me stesso e far in modo di non bruciarmi nelle prime ore, dove la gamba gira bene e la voglia di pigiare un po’ a fondo è tanta. Invece no, tocca amministrarsi, tocca risparmiare ogni grammo di fatica perchè diventerà prezioso come l’oro quando arriverà il momento della verità, e arriverà di sicuro.

Continuo a pedalare e mi chiedo se per il 7 ottobre mattino sia ancora prevista l’alba sulla Toscana, dato che i km passano ma il buio resta sempre intorno. Passo intorno a Siena e se l’anno scorso l’avevo ben intravista, oggi è ancora tutta arrotolata come un gatto nel dormiveglia, che ha già aperto un occhio scintillante di luce, ma ancora sa che può permettersi qualche altro attimo di riposo.

Arriva l’alba e mi porta in dono il primo ristoro, che passa veloce. Cerco di dedicare un tempo sufficiente per mangiare qualcosa anche se non ho fame e sto attento a scegliere solo cose zuccherose e digeribili, lo so che lo spirito della manifestazione sarebbe quello di gozzovigliare un minimo, ma oggi il mio intento è nuovamente quello di sfidare me stesso. Abbassare la guardia già ora sarebbe come mettersi le scarpe nuove per giocare una partita di calcio importante… può andarti lo stesso bene, ma meglio non rischiare.

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Iniziano anche gli sterrati lunghi, quelli impegnativi che per fortuna ho imparato a conoscere lo scorso anno, che alla fine fanno dell’eroica quello che è ora noto in tutto il mondo, ed impari a guidarci dentro, a cercare sempre sempre la linea pulita, la traccia migliore già segnata dal passaggio di qualche centinaio di ruote, dove sai che i leggeri tubolari troveranno qualcosa che quasi li accarezza e che non li prende a schiaffi… che a furia di schiaffi il cedere e forare è un qualcosa da mettere in conto, ma meglio non prestare il fianco alla sfortuna (o all’incapacità di prevedere gli eventi come diceva un altro eroe, tal Enzo Ferrari). Anche le discese non sono un vero problema, fatto l’occhio alle temute “ondine” si trova anche qualche bella curva con un minimo di appoggio e mi ritornano nella mente tutte le lezioni imparate a suon di sdraioni durante il passato inverno a base di ciclocross, una vera palestra  a cielo aperto.

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I nomi dei paesi scorrono via come i ventiquattro fotogrammi al secondo di un film, Radi, Murlo, Piana, Bibbiano… via, come promesso al km 63+000 si arriva al bivio. Zero dubbi, si va su lungo… saranno quindici tratti di strada bianca in tutto, uno diverso dall’altro, ognuno con le sue insidie e con i suoi lati deboli su cui approfittarne e provare anche a divertirsi, talvolta superando altri e talvolta venendo superati da veri e propri talenti della bici, che poi si fa in fretta a riconoscerli, basta vedere quattro pedalate per distinguere chi la bici ce l’ha nel sangue e la sa portare come la dama in un tango, con delicatezza e decisione, con pugno di ferro racchiuso in un guanto di velluto.

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Senza troppe difficoltà ed affrontando alcune salite, lunghe e pedalabili come piacciono a me, si arriva al ristoro clou, quello di Asciano. Non è nemmeno l’una di pomeriggio e tutto mi fa ben sperare. La stanchezza già c’è  (siamo al km 143 su 205) ma le sensazioni sono ancora ottime e questa volta le famose salite del monte Sante Marie non  spaventano… semplicemente perchè decido di farle a piedi! La vocina del buon senso infatti suggerisce che è meglio evitare di farsi venire i crampi qui, dato che c’è ancora “del lavoro daffare” e ogni fatica risparmiata sarà una preziosa risorsa…poi la planata su asfalto fino a Pianelle mi regala attimi di puro piacere, con i tubolari che di nuovo grazie al loro profilo mi consentono di osare pieghe  che nemmeno con la bici da corsa buona e copertoncini dal costo più che doppio di solito oso.. e allora capisco che queste bici, vecchie di oltre trent’anni, son state pensate e costruite con una perizia ed una passione tali da renderle adatte ai più svariati utilizzi, contrapponendosi all’iper-specializzazione dei giorni d’oggi che, soprattutto la nostro livello di amatori, fa davvero sorridere (so di gente che ha una bici per le salite e una per le gare a circuito in pianura,  mentre su queste qui, fior di professionisti ci facevano stagioni intere di gare dal pavè ai grandi giri alle classiche autunnali…).

Dal controllo di Vagliagli in poi arriva il momento della verità. I freddi numeri dicono che mancan “solo” una trentina di chilometri, ma saranno ancora quasi tutti sterrati e con ancora tanta tanta salita da fare, di quella tira e molla (o mangia e bevi come dicono i ciclisti) fatta apposta per spezzarti le gambe peggio di un colle alpino a duemila metri, che lì almeno prendi il tuo ritmo e vai su, come in un blues a 4/4, qui invece sei dentro una jam session jazz in 7/8 tutta sincopata e con cambi di ritmo improvvisi, non si pianifica più nulla, si va usando quello che è  rimasto dentro, poco, ma te lo devi far bastare, qui non c’è l’aiuto da casa, alla fine ci sono solo le tue gambe; anche se per la mente un grande appoggio è arrivato nell’aver trovato un’ottimo compagno di fatiche in un ex-corridore valtellinese, con tanti capelli argentati ma con ancora quelle movenze sui pedali che lo qualificano come cavallo di razza. L’età conta poco, l’attitudine è tutto (e lui quest’oggi ci metterà un’ora in meno di me…).

Il mio compagno di strada è al suo terzo lungo qui in terra di chianti e ben sa che una volta arrivati a Radda sarà quasi un unica discesa verso il traguardo… non ha mentito, le nostre bici ormai di un colore inevitabilmente “marrone terra di Siena” iniziano l’ultimo tratto verso l’abitato di Gaiole, si arriva dall’alto oggi, e a questo punto capisci che è fatta, che le gambe e la testa han tenuto, che la bici ancora una volta ha grato meglio di un orologio svizzero (ma di quelli buoni, tipo un Patek&Philippe, mica un volgarotto rolex…) e che anche quei bistrattati tubolari trovati per pochi euro al decathlon han fatto ancora un egregio lavoro.

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Vedi la scritta rossa su quel drappo bianco lì a sussurrarti. nel frastuono del paese in festa, che tu, sì proprio tu ce l’hai fatta: hai trotterellato per più di 200km tra le meravigliose colline toscane quasi senza sosta, per un giorno intero, lo stesso che nella routine quotidiana scorre via come un ruscello oggi è stato interminabile, ogni minuto scandito dall’infinito gesto del mulinare dei pedali, dallo scorrere di quella piccola striscia di gomma che ci lega indissolubilmente al suolo e si fa garante del nostro precario equilibrio che, come ha detto qualche d’uno, la vita è come andare in bicicletta: per stare in equilibrio ti devi sempre muovere.

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Al prossimo anno…

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le settimane sante dei #ciclismi alternativi: #eroica @redhookcrit #stairwaytohell @BFFMILANO

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Angelo Ferrillo Photographyormai ci siamo, giusto un post attendista ma manca poco al classico finale di stagione con il botto. Tutto si concentra nel giro di due weekend, iniziamo subito con l’eroica, e non vi devo dire nulla, ci vedremo tra la polvere ed il buon vino per assaporare emozioni in grado di cambiare il nostro sguardo su quei pezzi di ferro un tempo dimenticati nelle cantine ed ora tornati a splendere e soprattutto a correre come loro stessi volevano (sì sono convinto che proprio come i giocattoli di Toy Story, le bici fatte a mano con passione abbiano un qualcosa che alcuni chiamano anima, altri solo personalità, ma ce l’anno diamine…)

Poi nemmeno il tempo di riposarsi ed è subito ora di buttarsi nel colorato mondo del Bicycle Film Festival a Milano, con eventi di tutti i tipi, da perderci le giornate…

Stairwaytohell_def_low….a corollario del festival due garettine niente male, la prima è l’alleycat suprema, quest’anno si chiama “Stairway to Hell” ed il titolo ha tutte la regioni per essere minaccioso, con la sfida nel semifreddo autunno meneghino, condito dai soliti ingredienti di pavè traffico e caos, sapientemente miscelati dal buon Matteo di UBM.

La sera stessa il pomeriggio del giorno segnente (in concomitanza anche con la domenica senza auto a Milano)però arriva il mio appuntamento cardine, quello che aspetto da un anno intero, dove non ho velleità di vittoria (ci mancherebbe) ma l’iniezione di adrenalina diretta in vena che questa gara sa dare le altre se lo scordano, roba che ti rivolta come un calzino ancora prima di partire, in quegli infiniti attimi che precedono il via, dove come al solito il cuore va in soglia stando ancora fermi. David e la Red Hook Criterium sono lì ad aspettare il tributo di fatica e sudore!

Beh, voi che fate? io andrei…            ci vediamo sulla strada.

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