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perchè un #blog non bastava, nuova avventura per @endusport – mySDAM #ciclismi

Già, come si dice l’appetito vien mangiando e dalle chiacchierate fatte con nuovi amici in quello splendido weekend sulle strade bianche è nata l’opportunità di scrivere anche per il nuovo portale ENDU, ovvero la declinazione in parole di tutto quanto la macchina organizzativa di SDAM ha fatto per lo sport amatoriale in questi anni.

Per me un onore essere tra i primi contributor al progetto ma anche tanto entusiasmo di raccontare un po’ del mondo del ciclismo amatoriale, fatto non solo di granfondo ma soprattutto di esperienze ed amicizie, questo di seguito il mio primo articolo ma ne seguiranno molti a cadenza costante, a presto!

IL CICLISMO CAMBIA SPESSO, PER NON CAMBIARE MAI

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molte cose successe, molte ne dovranno succedere… #ciclismi

tanto, troppo tempo che non scrivevo nulla qui…

…un po’ me ne scuso, alla fine il seguito che ha questo spazio è tale da sorprendere anche me quindi un po’ di cose ve le devo raccontare, anche se il divenire di molte cose è sotto gli occhi di molti (cari social amici e amici della – essenziale – vita vera).

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Da una piccola idea di aprile è nata una squadra: anomala, atipica, disorientante per molti, ma ci siamo e in poco tempo abbiamo avuto collaborazioni stupende dai nostri sponsor tecnici ma soprattutto abbiamo ottenuto grande stima e rispetto da parte di tutti, soprattutto da quelli che sono avversari quando siamo in sella, ma restano e resteranno amici quando siamo giù dalla bici. Questo è quello che era il nostro scopo, ora ci aspetta il gran finale e le tappe di avvicinamento stanno andando bene. Non è facile, non lo è mai, vai solo più veloce ma anche gli altri si allenano come e (spesso) meglio di te, ci va il solito mix di cuore testa e gambe, ma stiamo arrivando al gran finale e non si può sbagliare, ci giochiamo un’intera stagione in 45 minuti. A molti va persin peggio, immagino le finali olimpiche di tutti, dove ci si giocano quattro anni di preparazione i cinque secondi di tuffo, quindi va bene così, questo è quello che amiamo fare e lo faremo fino in fondo. Un paio di giorni fa mi son venute di getto queste parole che riporto per fissarle anche qui:

“non lo facciamo per la notorietà, non abbiamo nulla alle spalle, nessun costruttore di bici, nessun negozio, nessuno che ci dia dei soldi per le trasferte, nessuno che ci chieda conto di risultati o meno. Lo facciamo per una incrollabile passione, contro tutto e tutti e per la sete di gareggiare, quella che ti fa alzare sui pedali quando le gambe invece gridano di fermarti. Siamo il Cykeln racing team e siamo qui solo per correre.”

Come andrà è presto per dirlo, di sicuro saranno di nuovo emozioni di quelle che si scolpiscono nel profondo, come le volte precedenti o forse ancor di più.

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Dall’altro lato del pianeta bici quest’anno non sarò ad uno degli appuntamenti che porto nel cuore. L’autunno con il suo fascino merita anche qualche pedalata presa con la giusta calma, con una bici fatta sì per correre, ma come si faceva trent’anni fa, quando ancora qualche strada non era ricoperta dal nero manto di bitume, ma era bianca come la neve, fatta da una moltitudine di polvere e pietre di diversa grandezza ed accarezzarla con i tubolari riempiva di splendide immagini e ricordi la mia mente.

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Non sono stato estratto per l’Eroica, avrei potuto comunque partecipare e molti pettorali mi son stati proposti, ma ho interpretato tutto questo come un segno. Quest’anno mi serve di pausa, per riflettere su quanto così intenso vissuto negli anni scorsi e mettere in fila un po’ di cose, non basta un articolo qui sul blog, no ci vuole qualcosa di più organico ed importante, ancora una nuova sfida, quasi più difficile dei miei ultimi 205km sulle strade delle colline senesi. Spero di darvi notizia presto.

 

Infine, è anche ora di mettersi sul serio a lottare… lottare nel fango, freddo e scavalcare gli ostacoli del ciclocross. Sono già un paio d’anni che corteggio la disciplina, prima un timido assaggio, ma con bici sbagliata, poi arrivò la bici perfetta, ma la stagione era agli sgoccioli, e poi, ancora, un fantastico assaggio nelle sere d’estate dove nel giro di cinque gare e parecchie “sventole” prese ho capito che, benchè piuttosto alla moda oggi, il cross non è una cosa facile, non lo è affatto. Ci va gamba ma anche tanta tecnica e tantissima concentrazione per stare al 110% per tutta la durata della gara (sempre meno di un’ora, ma sembra non finire mai, altro che le granfondo….).

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ostacoli2Il fascino però è enorme, per il fatto stesso di aver voglia di allenarsi e correre quando qualunque ciclista sano di mente se ne starebbe a casa al caldo, quando gli stradisti pensano solo a fare palestra o rulli, quando anche molti biker mollano la presa, il cross ti porta ancora là fuori, quando piove o nevica, quando appoggi le ruote su di un fondo che ti farebbe arrancare anche a piedi, assurdo. Per di più su percorsi creati ad arte da veri e propri geni del male, con curve strettissime, ostacoli spigolosi, scale, sabbia… un inferno… ma di solito all’inferno, clima a parte, la compagnia è sempre ottima e credo che quest’inverno ne avrò di nuovo la riprova.

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Corriamo di notte, per evitare di abbronzarci a pezzi. Le mie #criterium #race a #scattofisso

La domanda, vista la situazione dal di fuori, potrebbe essere la classica: “ma chi te lo fa fare?”

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Eppure lo fai, continui a farlo, recitando un rituale tanto consueto quanto sempre differente, con mille sfumature difficilmente apprezzabili da chi vive la cosa solo superficialmente. Se fai questo perchè semplicemente, va di moda, ti stuferai ben presto.

Invece io, e molti altri a cui sono legato, siamo ancora qui, a fare centinaia di chilometri con la bici nel bagagliaio e mangiare panini sciatti in autogrill, non per raggiungere dei locali da aperitivo o delle discoteche alla moda, ma per trovarsi solitamente in zone industriali semi-abbandonate, dimenticate al punto da esser diventate una risorsa per chi fa del ciclismo non un hobby e forse nemmeno una passione in senso stretto, ma un vero e proprio modo di essere, un approccio trasversale che ci porta a voler esplorare aspetti spesso nascosti ai più.

Non servono bici stratosferiche, carbonio, titanio e accessori al top. Servono delle “semplici” bici da pista, con nulla più dello stretto necessario, ma assolutamente a punto, un solo dado mal stretto e non solo si compromette la gara, ma l’incolumità stessa di chi corre. Poche cose, ma tutte fondamentali, così come fondamentale utilizzare il rapporto giusto tra corona e pignone, funzione di tante cose: del tracciato, della condizione, del tipo di gara che si vuol fare e delle proprie caratteristiche fisiche.

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Si accelera, si cambia marcia e si frena con le gambe, ma questo credo che se siete qui a leggere da qualche tempo già lo sapete, giusto?

Tutto è nato da quella cometa precipitata a Milano nell’ottobre 2010, dove per una serie di combinazioni, tutte a mio favore, mi ritrovai nella prima criterium gara a circuito cittadino riservata a bici da pista (e non scattofisso, dico proprio bici da pista). Essere lì quella sera cambiò le cose, aprì un panorama nuovo ed inesplorato a tutti quelli che vedevano la biciletta non solo come un attrezzo sportivo, ma come un prolungamento di se stessi. Qualcuno sostiene di averla avuta prima di Trimble l’idea, peccato che non bastano le idee, bisogna anche metterle in pratica e questo accadde per la prima volta solo quella sera. Tante facce nuove, molte delle quali ora sono la colonna portante del movimento.

Poi, senza che nessuno pensasse minimamente ad ipotesi affaristiche o di marketing, nacque un inarrestabile movimento spontaneo che aveva colto l’esatto spirito di queste corse, ovvero la pura semplice competizione, senza strategie, senza trucchi, senza vantaggi per chi aveva più soldi da spendere in attrezzatura: bici simili, circuito semplice, pochi giri, tanto pedalare. Milano, Modena, Torino, Novara, Brianza, ogni sera una nuova gara per ritrovarsi, confrontarsi e condividere un qualcosa di dannatamente bello, ogni sera uguale e diverso allo stesso tempo.

Wild side Modena – cap. 2

Quando penso a questo mi viene subito in mente l’immenso Ayrton, quando zittì la platea di giornalisti che gli chiedeva quale fosse stato negli anni il suo miglior avversario, e lui invece di dire un Prost, un Bergher, un Mansell, saltò fuori invece con Fullerton e fece capire a tutti quali sono le vere cose importanti dello sport nella sua accezione più elevata, come vera scuola di vita.

Le cose ora, come è naturale che sia,  stanno facendo il loro corso: chi ha talento sta giustamente raccogliendo i frutti di tanto lavoro, le gare sono sempre più belle tecniche e con corridori molto competitivi. Si corre ormai in tutto il mondo, quasi a cadenza mensile, per le gare più prestigiose, ma nel sottobosco son sicuro che anche a qualche ora di volo da qui ci sono ragazzi che come noi si trovano praticamente tutte le settimane, solo per la gioia di correre. Mentre la redhookcrit è diventato un vero e proprio campionato, emozionante a dir poco.

Mi fa un po’ sorridere chi dice che “non è più come una volta” solo perchè non deve più girarsi ad aspettare gli amici. Oltre agli amici ora ci sono anche i corridori veri, quelli che letteralmente vivono per correre e fanno sacrifici grossi come una cattedrale solo per andare più forte. Sono questi che nobilitano ancora di più queste gare, dove non si vince nulla ma si guadagna il rispetto e la stima degli avversari, fino alla prossima gara: battaglia in sella fino all’ultimo metro, abbracci e birre prima e dopo.

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PS: tutto questo meritava anche da parte mia di passare a fare le cose un po’ più seriamente e di smetterla di fare l’orso solitario, ma questa è un’altra storia che vi racconterò a breve….

EDIT: le splendide foto son ad opera di messer Francesco Rachello aka strict

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il mio #2012 in #bici e non…

beh oltre i soliti freddi numeri statistici su km e dislivelli vari, il mio 2012 in bici e non è stato davvero ottimo. Se avete voglia e pazienza vi racconto un po’ come è andata…

 

iniziamo col dire che da anni che facevo un anno intero senza farmi male, e questo già da solo basterebbe per farne un’ottima annata…

ho trovato maggiore equilibrio tra l’andare in bici e il condividere il tempo con la mia famiglia, la cosa mi fa stare immensamente bene

ho fatto il doppio del dislivello in salita sia del 2011 che del 2010… che magari inizio di nuovo a puntare a giri alpini lunghi e impegnativi per il 2013…

nonostante tutto mi sento molto migliorato in pianura, ma soprattutto dopo anni passati ad odiarla, ora mi piace pure quella. Fare qualche kilometro veleggiando attorno ai 40km/h è una sensazione bellissima

gare e garette escluse, mi son spostato per le città in bici per circa 2000km, il che porta a circa 140 litri di gasolio risparmiati…. più o meno 230€, non è tanto ma non è nemmeno pochissimo, e non voglio fare il conto della CO2 non immessa nell’atmosfera, ma sarebbe un dato interessante

ho vinto quattro gare, anzi garette per lo più tra amici. Ciò nonostante la sensazione è sempre bellissima, tutti almeno una volta nella vita dovrebbero vincere una gara e lo auguro a ciascuno di voi. Il dopo gara poi è sempre fantastico e proprio in queste (per ora) l’invidia non esiste ed è sostituita dalla birra gratis… speriamo resti tutto così

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ho fatto 210km tutti di un fiato, non mi capitava da tanto, farlo con una bici vecchia di 35 anni, sugli sterrati e senza il minimo inconveniente a reso ancora più emozionante il tutto

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ho fatto una gara di squadra, una crono, la cui durata è inversamente proporzionale alle emozioni che mi porterò dentro. Anche per non guastare lo splendido ricordo, per un po’ non credo ne farò altre

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ho pedalato a notte fonda nella mia città, scoprendo che è ancora più bella di quanto già conoscevo e facendomi stringere con essa un legame ancora più forte

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ho venduto una bici, e ancora me ne pento, benchè la usassi pochissimo

ho iniziato la realizzazione di una bici nuova, in acciaio e totalmente su misura: la qual cosa mi riempie d’entusiasmo che nemmeno un bambino (e tra poco sarà pronta!)

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ho conosciuto (tanti) nuovi amici, che poi si son rivelate persone straordinarie anche al di fuori dello stretto ambito ciclistico

ho rafforzato i legami con le persone che già conosco in ambito ciclistico, anche grazie ai vari social network, che se usati con la testa sono un valido strumento

ho fatto crescere questo blog, che un po’ mi rappresenta, e che alla fine sento sempre più mio

ho iniziato a scrivere per una rivista, cosa che fino a qualche anno fa pensavo non alla mia portata, ed invece siamo solo all’inizio dell’avventura

ho preso parte sin dal primo giorno a #salvaiciclisti e, anche se qualcuno sostiene che non serva a nulla, mi sento parte di un qualcosa di buono, ogni risultato raggiunto per quanto piccolo è significativo. Forse un domani avremo città degne di esser chiamate tali, vivibili e vicine all’ideale europeo che ho in mente

ho organizzato una gara, in un periodo dell’anno non certo ideale per gareggiare in bici, con un meteo che mi ha voltato le spalle. Nonostante questo vedere 20 partenti ad una piccolissima gara, con ragazzi arrivati apposta facendosi anche oltre 100km solo per essere lì a dare il meglio mi ha riempito di soddisfazione

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…eppure qualcuno si ostina ancora a dire che il mio è “un hobby”…

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infinito rettilineo ripiegato #pista #velodrome #ciclismi

vi allego qui, per chi non l’avesse ancora letto e per mia memoria, quanto avevo scritto per l’avvio del mio contributo in parole a CIKELN MAG, con la speranza di farvi avvicinare un po’ a quello straordiario universo parallelo che è il ciclismo su pista, sempre diverso ma in fondo sempre uguale a cento anni fa.

 

Proviamo ad iniziare dal fondo, da quello che può diventare il correre in pista, dove il far girare le gambe è solo una delle componenti dell’alchimia, ci si trova dentro il gruppo, così vicino agli altri corridori da sentirne la loro fatica e la tua testa pensa solo a concentrarsi per capirne le mosse.  Questo momento, l’anima della pista, è solo il traguardo di un percorso molto più lungo.

In tanti me lo chiedono e spesso è difficile trasmettere un insieme di emozioni con una frase, così a bruciapelo. Bene o male la domanda è sempre la stessa:  “caspita, mi piacerebbe provare ad andare in pista, ma com’è… bello?” Ovvio che la risposta sia sì e credo e credo che valga per chiunque a cui sia mai stato chiesto.

Ma dove sta la sostanza di girare in pista, il fare un esercizio di per se elementare come il condurre in un anello una bicicletta, con per di più l’ausilio di avere anche delle linee da poter seguire? Una roba a prova di idioti verrebbe da dire. E invece attraverso le sue discipline ed attraverso (soprattutto) alla disciplina che questa impone si apre un mondo che difficilmente lascia indifferenti, e altrettanto difficilmente si abbandona dopo il primo vero assaggio.

Innanzitutto disciplina, nel senso più nobile del termine, perché a differenza della strada che ha sì le sue regole, ma spesso interpretabili o piegabili al nostro volere, in pista no. In pista le regole non sono interpretabili; sono poche ma chiare e inviolabili, pena anche l’incolumità di colui che infrange.  Chi pensa di esserne superiore generalmente è solo un bravo pedalatore… da lì ad essere un ciclista su pista il passo non è mai così scontato (per arrivare ad essere pistard poi la strada è lunga ma non impossibile). D’altronde anche le componenti di una bici da pista sono poche, essenziali ma cruciali, pensate solo a cosa può succedere usando una catena difettosa quando si è lanciati a 50 orari su di una curva a 38° di inclinazione …  bene con lo stesso spirito gli ingranaggi del cervello devono girare costantemente anche loro “a scatto fisso” sempre in presa diretta con le gambe, le distrazioni non sono ammesse.

E’ così si inizia a capire di avere due buoni freni anche su di una bici da pista, fatti dalla gamba destra e da quella sinistra, si impara a capire che non sono  solo le mosche a vedono dietro la nuca, ma anche un buon ciclista su pista deve avere la capacità di avere il colpo d’occhio dietro di se ma sempre e comunque mantenendo costante la propria linea e la propria velocità durante un allenamento  o una gara di gruppo.  Che seguire una linea può non essere così facile o così comodo, ma solo imparando a trovare quel delicato equilibrio tra il guidare la bici ed il farsi portare dalle paraboliche si riesce ad essere redditizi nelle gare contro il tempo.

Si arriva quindi con naturalezza alle discipline della pista, le varie tipologie di gare, dove sta il vero spirito della pista: nessuno può pensare di allenarsi in pista senza avere un obiettivo di competizione. A qualunque livello esso sia, il gareggiare in pista dà un senso compiuto allo stare in pista, al misurarsi con i propri pari dato che il velodromo e le antiche arene sono simili in fin troppi aspetti. Non starò ad elencarvele qui, le discipline della pista sono vecchie di un secolo ormai e a molti saranno più che chiare. Il loro obiettivo principe è uno solo, portare all’estremo, al distillato puro di forza ed intelligenza sui pedali quello che nelle gare su strada è un completo calderone di tecniche, tattiche e capacità spesso innate dei corridori. In pista no, non ci si può improvvisare in gara, pena anche l’incolumità di chi ci gareggia a fianco. Le gare sono brevi, intense e ogni decisione deve essere presa nell’arco di un istante, la pedalata sempre composta, senza sbavature in perfetta simbiosi con la continuità che solo lo scatto fisso sa dare alla cinematica della bicicletta in movimento.

Per quello alla fine, quando presto o tardi ci si ritroverà dentro un gruppo, magari in una corsa a punti o uno scratch, con spazi tiratissimi tra noi e gli altri corridori fino a percepire la loro fatica insieme alla nostra e ad avere una concentrazione tale da riuscire a intuire le mosse che i nostri avversari stanno per compiere… ecco che in quel preciso istante anche la pista per come è fatta inizierà a scomparire, a perdere addirittura di senso, per lasciare lo spazio ad un unico infinito rettilineo obliquo solcato dai corridori, in una sfida che difficilmente troverà dinamiche così intense in una comune gara su strada, ma che traccerà anche dei  segni indelebili nelle menti e nelle gambe di chi corre.

 

(al prossimo numero!)

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